venerdì 24 febbraio 2012

Nomi d'arte e Truismo: la morte nel nome.

A volte il destino è crudele, altre siamo noi a complicarci la vita. Se per esempio vuoi sfondare nel mondo della musica farti ricordare con un nome tipo Lino Bartolini non è di certo il massimo, concordo. Ma cambiarlo in Tony, poi Rocco, Montana è un suicidio, soprattutto per noi che oggi di Montana ci viene in mente solo Al Pacino in Scarface. Tutto questo giro per parlarvi della breve vita e della rapida morte di Rocco Montana (al secolo che fu, Lino Bartolini). Rocco cominciò a cantare alla fine dei favolosi anni 50 sfornando titoli ragguardevoli come :Pupa biondaSono un bel ragazzo, Ti chiami amor, Ti guardo, Via con te, Tu lo sai.
Ammetto che doveva essere proprio una BOMBA questo Montana. Nel 1963, non pago dei successoni che sfornava e di una partecipazione a Sanremo, decise di fondare un gruppo musicale. Probabilmente fecero scegliere il nome a Montana perchè il dubbio gusto della scelta del suo nome d'arte potrebbe spiegare l'orrore del nome del complesso: i Cattuboli. Non me ne vogliano i Cattuboli, ma dai seriamente I CATTUBOLI? Comunque, Rocco e i Cattuboli rimangono scolpiti nell'eterno grazie ad un loro concerto nientepopòdimenoche a Milano, davanti al Castello Sforzesco. Ma Rocco, da quell'innovativo che era (e qui non scherzo) decise di rinnovare il gruppo partendo dal nome: Rocco e i suoi Arlecchini. Una tristezza allucinante. Purtroppo un incidente spezza la vita di Rocco a soli 37 anni. La sua morte però, narra la leggenda, fece nascere un nuovo cantante. Il fratello, Lando Bartolini, che non cambiò mai il suo nome,rimase così colpito dalla morte di Rocco/Lino che decise di divenire cantante per onorare la memoria del fratello. Divenne uno dei più acclamati tenori italiani al mondo, diretto addirittura da Zubin Mehta.
La lezione di oggi è: anche se hai un nome di merda, cambiarlo non è detto che risolva i problemi. E soprattutto: cosa sono i Cattuboli?


Un altro problema possono essere i tuoi amici. Il povero Jacques de La Palice, abile maresciallo di Francia, in vita combattè numerosissime battaglie, portò soccorso anche a noi bolognesi contro gli spagnoli, fu fatto prigioniero nel 1502 sempre dai maledetti spagnoli e liberato due anni dopo proprio quando sua moglie Marie morì. Il povero La Palice era un bravo combattente, apprezzato dai suoi commilitoni che alla sua morte, avvenuta il 25 febbraio 1525, decidono di scrivere dei versi in suo onore. Il verso più famoso è "... se non fosse morto / farebbe ancora invidia" ("il ferait encore envie"), che col passare del tempo viene irrimediabilmente storpiato: "il ferait" diventa "il serait", ovvero "lui sarebbe" ed "envie" diventa "en vie", ovvero in vita. Ovviamente il verso "se non fosse morto/ sarebbe ancora in vita" è un'onesta presa per il culo che ha preso il suo nome: tanto ovvio da essere lapalissiano. Addirittura dei divertentissimi cantori a lui posteriori hanno deciso di farlo diventare lo zimbello della banalità, anche il nostro Sergio Endrigo ci si divertì.
Altra lezione: se muori in battaglia in modo valoroso fai in modo che i tuoi uomini scrivano epitaffi non storpiabili nei secoli. Mi sembra lapalissiano.


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